La mia passione

Questo blog nasce dalla mia passione innata e coltivata negli anni.
Spero con i miei articoli di istaurare interessanti conversazioni con lo scopo di condividere ed ampliare questo interesse con altrettanti di voi appassionati del genere.
Spero di riuscirci !!!

martedì 7 ottobre 2014

Il risveglio del Dragone

Anche se ci costa ammetterlo, ormai è un dato di fatto. Nello scacchiere del Pacifico è emersa una nuova potenza mondiale: la Repubblica Popolare Cinese.
La Cina è una potenza economica che, però, sta rapidamente incrementando i suoi assets militari, non tanto in quantità quanto in qualità e, a nulla serve la presenza "monito" delle forze USA nell'Oceano Pacifico.
Anzi, se si osservano alcuni indicatori economici si capisce immediatamente che, a differenza degli USA, che  stentano ancora ad uscire dalla grave crisi economica, la Cina gode di una crescita economica superiore. Inoltre, è bene ricordare che la Cina detiene la maggior parte del debito americano, fatto questo che mette gli Stati Uniti d'America in una situazione abbastanza ambigua nei confronti del paese che dovrebbe essere la loro maggiore "minaccia".
Analizzando il settore della difesa, troviamo che la Cina è la seconda al mondo per spese militari dietro agli USA, con un rapporto spesa difesa-PIL di quasi 1,5% e, come la sua economia, la spesa per la difesa sta crescendo più o meno con ritmi costanti da circa 10 anni.
Non si può dire lo stesso per la spesa militare americana che, nell'ultimo ventennio, ha subìto due bruschi e considerevoli rallentamenti: il primo si è avuto all'indomani della fine della Guerra Fredda che, in parte, giustificava l'immensa spesa militare degli USA e della maggior parte dei paesi europei, il secondo rallentamento delle spese militari è stato la naturale conseguenza della grave crisi finanziaria che stiamo ancora vivendo.
Passiamo ad analizzare le capacità militari della RPC iniziando dalle Forza Popolare di Liberazione Terrestre (PLAGF). Essa è composta da più di un milione e mezzo di volontari e poco meno di un milione di riservisti, equipaggiati quasi tutti con armamenti moderni come l'MBT Type 99 ed il fucile d'assalto QBZ-95 ed addestrate in maniera eccellente, sia per conflitti convenzionali sia asimmetrici.
La Forza Popolare di Liberazione Marina (PLAN) dispone di una discreta flotta di superficie guidata dalla portaerei Liaoning (gemella della russa Kuznetsov) ed è accompagnata da un nutrito numero di cacciatorpediniere e fregate di buona fabbricazione e, soprattutto, dispone di una potente flotta sottomarina nucleare e convenzionale in grado di sferrare lanci di missili balistici nucleari grazie alla classe Xia e Jin (SSBN).
Numerosa e ben equipaggiata la componente anfibia composta di più di 10000 marines.
La Forza Popolare di Liberazione Aerea (PLAAF) schiera più di 600 aerei da combattimento, tra cui i recenti Chengdu J-10 ed i Shenyang J-11 e una nutrita componente di bombardieri strategici Xian H-6 più una buona aliquota di elicotteri d'attacco moderni CAIC WZ-10. Si sta, infine, sviluppando un caccia di 5° generazione, il Chengdu J-20.
Per la componente missilistica,  il Secondo Corpo d'Artiglieria (SAC)  impiega i temibili missili balistici intercontinentali ICBM DF-41 con gittata di oltre 40 mila kilometri armati con testate multiple MIRV.

      

  


Concludendo: acquisito il fatto che la Cina sta assumendo le caratteristiche di una nuova potenza mondiale dominante, come ci si deve comportare ?
Ovviamente con la crescita del gigante asiatico è normale aspettarsi, purtroppo, anche l'aumento delle frizioni con i  paesi viciniori, primi fra tutti Giappone e Corea del Sud.
Ne è la prova la costituzione della zona di identificazione aerea stabilita unilateralmente da Pechino nel mar cinese orientale che, di fatto, ingloba le isole Senkaku o Diaoyu, controllate da Tokyo ma rivendicate da Pechino. Tra i due antagonisti fungono da mediatore gli USA che cercano di calmare le acque diplomaticamente ma che, di fatto, condannano l'operato del governo cinese.
Viste le forze schierate dai due contendenti e, considerando le eventuali implicazioni internazionali che atti di forza potrebbero provocare, non possiamo che sperare nell'abilità diplomatica di questi paesi nella risoluzione pacifica delle loro contese territoriali.
Io sono abbastanza fiducioso che anche la Cina possa trovare un equilibrio con i proprio vicini senza l'uso della forza, o meglio, spero che sia così.
Ditemi la vostra opinione a riguardo; let me know what you think about this issue.

Gibuti: punto strategico

Qualche mese fa, è stata rivelata la costruzione di una base logistica italiana nel piccolo stato africano di Gibuti con lo scopo primario di appoggiare le operazioni di anti-pirateria nell'Oceano Indiano,
Ovviamente, non è solo questo lo scopo dell'avamposto italiano in Africa orientale.


La posizione geografica di Gibuti, prospiciente il golfo di Aden  e crocevia di intensi traffici commerciali, ne fa un paese estremamente strategico
La conferma di questo è data dal fatto che, oltre a noi italiani, a Gibuti è dispiegata, da sempre, una mezzabrigata della Legione Straniera francese e gli USA hanno stabilito una loro base. Inoltre, si parla che le forze di autodifesa nipponiche stiano installando un loro avamposto nel paese per agevolare le operazioni della loro marina presente nell'area.
Tuttavia, quello che dobbiamo sottolineare e che spesso si tende a sottovalutare, è che il nostro paese, come gran parte dei paesi europei, dipende (e forse più di altri), dalle rotte commerciali passanti per l'Oceano Indiano, mar Rosso e canale di Suez, rotte che devono, quindi, essere salvaguardate.
Inoltre, non bisogna ignorare il fatto che lo Yemen, paese della penisola araba posizionato di fronte a Gibuti, è anche uno dei centri di addestramento delle formazioni estremiste islamiche e, al momento, è uno dei paesi più instabili dell'area. Come anche la Somalia, altro paese instabile e in larga parte gestito da altri gruppi jihadisti.
Queste sono due ottime ragioni per giustificare l'installazione militare italiana a Gibuti e anzi, visto la nostra Storia con la Somalia, è ancora più importante per noi italiani essere presenti nell'area.
A tutti coloro che pensano ad un ritorno del colonialismo, rispondo che noi non stiamo lì per prendere il controllo di Gibuti o di altri paesi della regione, ma stiamo cercando di rendere più stabile l'area perchè è nostro dovere proteggere le vie di rifornimento vitali per la nostra economia.
Se tutto questo non vi convince vi informo, nel caso vi fosse sfuggito, che la Cina si sta accaparrando fette ingenti di paesi come Kenya, Tanzania e Mozambico attraverso accordi commerciali  a condizioni servili,  che prevedono lo sfruttamento di interi territori senza il minimo riguardo per le condizioni di lavoro cui viene costretta la popolazione e senza alcun rispetto dell'habitat naturale.
Per concludere, nonostante le inevitabili polemiche che tali decisioni possono provocare nell'opinione pubblica, specialmente quando quest'ultima non è adeguatamente informata sulle ragioni strategiche di queste scelte, io ritengo che la base logistica a Gibuti non sia  un investimento insensato o sbagliato.
Secondo le fonti da me consultate, mi trovo d'accordo con tali scelte anche se, magari, non sbaglia chi ritiene che un tale investimento si sarebbe potuto fare in un momento migliore per la nostra economia.

Spero di aver dissipato qualche dubbio o perplessità a riguardo e, se vi occorrono chiarimenti in merito o avete delle critiche da sottopormi, commentate l'articolo.
Qual'è la vostra opinione a riguardo ? What is your opinion about this issue ? Let me know in the comments.

Budget della difesa: a chi troppo, a chi troppo poco.


Oggi affronterò il tema dei finanziamenti stanziati per la difesa, tema che in tempo di crisi economica viene sempre fuori, in un modo o in un altro.
Sicuramente le problematiche differiscono da paese a l'altro, per cui io mi soffermerò soprattutto sugli Stati Uniti e sugli stati dell'EU.
Le percentuali dei budgets della difesa di USA e EU in rapporto al PIL sono, rispettivamente, di 4,8% e 1,6%.
Questa enorme differenza è dovuta al fatto che negli USA molte spese sociali sono sostenute dai privati, per cui il governo centrale può dirottare sulla difesa una maggiore liquidità penalizzando, però,  servizi sociali  importanti quali l'Istruzione e la Sanità: infatti, non tutti i cittadini americani possono permettersi cure mediche adeguate o un' istruzione efficace in quanto i migliori servizi sono offerti da strutture private molto costose.
I paese dell'EU, invece, offrono una maggiore tutela sociale e i servizi erogati dallo Stato ai cittadini  sono ampi ed efficienti e, anche se in alcuni paesi l'attuale welfare potrebbe essere migliorato, sia l'Istruzione che la Sanità sono pubbliche e di facile accesso e, pur con budgets molto limitati, riescono ad esprimere alti standard qualitativi.
Scendendo nei particolari, la Gran Bretagna e la Francia (dotate di armamento nucleare di lungo raggio) spendono rispettivamente il 2,5% e il 2,2% costituendo circa il 40% di tutto il budget della difesa EU, mentre la Germania spende l'1,2% e l'Italia è al di sotto del punto percentuale con 0,9%.
Ciò che però dovrebbe sorprendere, è che paesi quali la Grecia, Portogallo e Cipro spendono per la difesa rispettivamente il 2,2%, il 2,3% e il 2,1% del proprio PIL e,  per chi non lo sapesse, sono tutti paesi pesantemente colpiti dalla crisi finanziaria degli ultimi anni.
Da qui il mio sconcerto: possibile che paesi così fortemente provati dalla crisi siano in grado di spendere così tanto per la difesa mentre l'Italia, che non ha chiesto alcun piano d'aiuti all'EU, non arrivi nemmeno al punto percentuale ?
Forse qualcuno potrebbe obbiettare che è anche per questo motivo che quei paesi sono sul lastrico. Concordo.
Ma allora la domanda diventa: perchè l'Italia continua col tagliare ancora la spesa per la difesa già duramente provata ? Non si potrebbe tagliare altrove ? (e ce ne sarebbero di spese da tagliare!..).
Tra l'altro dimenticavo di dirvi che, teoricamente, i paesi dell'EU dovrebbero destinare alla Difesa un minimo del 2% del PIL, che confrontati con i quasi 5 punti percentuali del Pentagono, sono spiccioli.
Occorre sottolineare però, che bisogna spendere con oculatezza e realizzare investimenti  necessari a mantenere un'alta qualità sia di  mezzi che di personale.
Per esempio, la Grecia ha in linea al momento 279 aerei da combattimento, tra i quali 46 Phantom II e 32 Corsair II, aerei risalenti alla guerra in Vietnam, più 44 Mirage 2000 e 157 F-16. Di tutti questi velivoli, gli unici realmente utili per l'aviazione ellenica sono gli F-16 mentre i restanti potrebbero tranquillamente essere dismessi, vista la loro obsoloescenza tecnica e gli eccessivi costi di manutenzione per tenerli operativi.
Altro esempio: invece di mantenere operative 9 fregate classe Elli degli anni '90 potrebbero mantenerne solo 5  più le 4 fregate più moderne classe Hydra oppure, invece di commissionare l'acquisto di 8 sommergibili Type 214 di ultima generazione, perchè non fermarsi a 4?
Ho fatto l'esempio della Grecia ma, se si va ad indagare, si trovano situazioni simili anche in Portogallo e Cipro.
In Italia sono già stati attuati  tagli ingenti e ne vengono proposti di nuovi a dir poco vergognosi.
Esempio numero uno: la richiesta di cancellare il programma F-35 Lightning II e  lasciare in attività solo 96 Eurofighter Typhoon e, vista l'impossibilità di sostituire gli AV-8 Plus,  mandare in rottamazione anche la nostra nuova portaerei Cavour. Di fatto, in questo modo, stiamo  annullando la nostra capacità offensiva aerea, o quanto meno la stiamo limitando profondamente.
In più si parla di ridurre la costruzione delle nuove fregate FREMM  dalle 10 unità previste a 8 unità. Di sommergibili, alla fine di tanti dibattiti, ne avremo solo 4 della nuova classe Todaro (Type 212) e 2 della vecchia classe Sauro che, verosimilmente, non saranno sostituiti da altre unità nel breve periodo.
Inoltre, per la fine del 2013, è previsto lo scioglimento della brigata di cavallerie "Pozzuolo del Friuli" e della brigata meccanizzata "Granatieri di Sardegna" con, fortunatamente, riassegnazione dei reparti.
Ritengo, francamente, che siano proposte indecenti e solo in parte giustificate dalla grave crisi economica che stiamo attraversando: nel lungo periodo, infatti, il nostro paese rimarrà militarmente molto esposto.
Concludendo, vorrei ribadire che sia i tagli alle spese che i nuovi investimenti vanno fatti in rapporto alla possibilità finanziaria e alla necessità di mantenere un sufficiente grado di difesa  e, in ogni caso, penso che l'Italia possa tranquillamente rispettare il 2% del PIL per la difesa, come potrebbero farlo la Germania, i Paesi Bassi, la Svezia, la Polonia o la Finlandia.
Più difficile sarebbe, invece,  per paesi come la Grecia, Cipro o il Portogallo a causa dei loro dissesti finanziari.
Infine, per gli USA, mi aspetterei un ridimensionamento delle spese militari, magari portandole al 3-4% del PIL e, nello stesso tempo, una più equa redistribuzione delle risorse verso quei servizi sociali che tutti i paesi civili dovrebbero assicurare ai cittadini.
Curare il corpo e l'istruzione dei cittadini non è meno prioritario del mantenere un alto livello di sicurezza e, non è degno di un grande paese come gli USA, il sapere che tanti  non possono permettersi una buona istruzione né cure adeguate.
Voi cosa ne dite ? Let me know what do you think about it ?

La nuova generazione di Aquile

Quest'oggi vorrei affrontare un tema che, che nel corso degli ultimi mesi, è stato in primo piano: ovvero l'acquisto o il non acquisto degli F-35 Lightning II e di quanti ne occorrano alle nostre forze aeree e navali per mantenere le nostre capacità strategiche.
Sembrerebbe ormai scontato l'acquisto di tali velivoli visto che ne abbiamo già acquistati 6-7 e, dato che ho già esposto i motivi per cui dovremmo acquistarli (v. F-35 Lightning II oltre il "mito"), adesso passerei a trattare sul numero necessario per raggiungere lo scopo sopra enunciato.
In origine, si era partiti con l'idea di comprare 131 F-35 Lightning II ma, successivamente, l'ex ministro della difesa Di Paola li ha ridotti a 90 e, giorni fa, leggevo che il PD ha presentato un progetto, a seguito dell'indagine conoscitiva per l'acquisizione di nuovi sistemi d'arma, nel quale si vuole portare il numero del velivolo americano a 45 e procedere all'acquisto della Tranche 3B opzionale di Eurofighter Typhoon che quindi arriveranno a 121, come originariamente preventivato.
Secondo me l'idea di 90 F-35 e 96 Typhoon è sensata e assolutamente abbordabile per le nostre finanze, infatti come divisione è abbastanza equilibrata:



  • 4° Stormo di Grosseto: 32 Eurofighter Typhoon
  • 36° Stormo di Gioia del Colle: 32 Eurofighter Typhoon        
  • 37° Stormo di Trapani: 32 Eurofighter Typhoon


  • 6° Stormo di Brescia: 20 F-35 A
  • 32° Stormo di Foggia: 20 F-35 A
  • 51° Stormo di Treviso: 20 F-35 A
  • 30 F-35 B (15 per l'AMI e 15 per l'MM) con base operativa di Grottaglie 
Mentre, per quanto riguarda l'opzione proposta dal PD, la situazione è leggermente diversa: verosimilmente, infatti, i 25 Typhoon dovrebbero essere ordinati nella configurazione di attacco al suolo (Ground support GS) come gli ultimi 5 della Tranche 3A rimasti da ordinare, ed i 121 Typhoon andrebbero ad essere distribuiti sui tre Stormi (30 ciascuno) già designati, più il 51° che riceverebbe i Typhoon GS, mentre il 6° ed il 32° riceverebbero ciascuno 15 F-35 A laddove altri 15 F-35 B andrebbero alla MM. Soluzione che, tutto sommato, non è neanche tanto male.
Vorrei precisare, però, che il 6° ed il 32° stormo sono divisi in due gruppi cacciabombardieri ognuno, per cui il numero di aerei per gruppo, a mio avviso, è esiguo per le nostre capacità operative.
Personalmente, quindi, se si insiste su quest'ultima configurazione, suggerirei di portare il numero di F-35 a 55 così da avere 20 velivoli per stormo, ovvero 10 per gruppo. Inoltre sarebbe possibile, eventualmente volessimo avere una componente di F-35 dell'AMI interoperabile con quelli della MM,  acquistarne 10 (dei 55) in versione B ed assegnarli al 32° stormo di Foggia, che è quello più vicino alle basi della MM.
Riepilogando si avrebbe:
  • 4° Stormo: 31 Eurofighter Typhoon
  • 36° Stormo: 30 Eurofighter Typhoon
  • 37° Stormo: 30 Eurofighter Typhoon
  • 51° Stormo: 30 Eurofighter Typhoon GS
  • 6° Stormo: 20 F-35 A
  • 32° Stormo: 20 F-35 A (oppure 10 F-35 A e 10 F-35 B)
  • 15 F-35 B per la MM
Ovviamente l'opzione PD è suffragata dal fatto che il programma F-35 sta procedendo più lentamente del previsto dato i problemi tecnici, specialmente, della componente software che si stanno riscontrando e dalla volontà di voler favorire maggiormente il programma europeo su quello americano, con conseguenti maggiori ricadute a livello occupazionale ed economiche per i  paesi coinvolti.
Entrambe le proposte, a mio avviso, sono valide, anche se, per quest'ultima opzione, mi sentirei meglio se invece dei 45 F-35 se ne acquistassero 55, che, a mio modesto avviso, è la quota ottimale per questa opzione.
Ditemi la vostra opinione a riguardo, voi cosa ne pensate ?

lunedì 6 ottobre 2014

Cyberwar e UCAV

Qualche tempo fa è scoppiato il caso Snowden, il cosiddetto "datagate" che ci ha dimostrato come i nostri sistemi telematici non sono al sicuro da violazioni esterne.
Gli Usa, nonostante siano il nostro maggiore alleato, ascolta, controlla, registra le comunicazioni di politici e di semplici cittadini con la giustificazione di voler "intercettare" eventuali comunicazioni sospette.
Ora, fintanto si viene intercettati da un paese alleato, non si pongono problemi seri per la nostra sicurezza, a parte la privazione della nostra privacy. Tuttavia, la assoluta destrezza con cui gli agenti USA sono penetrati nelle maglie della nostra sicurezza  ci fa capire come sia facile, per un esperto haker, violare i sistemi di sicurezza e venire in possesso di dati sensibili.
Perciò mi chiedo: cosa accadrebbe se paesi non proprio alleati  entrassero nella rete informatica strategica della difesa o di altri servizi fondamentali, penso alle centrali nucleari francesi e britanniche?
Non è recente la notizia che hacker cinesi abbiano tentato, a volte con successo, di violare database del Pentagono o di altri organismi strategici USA, con l'intento di carpire informazioni importanti sulle mosse del "nemico", così come fanno la CIA e la NCIS contro server cinesi.
Tutto questo dovrebbe far riflettere i vertici militari sulla necessità di incentivare le risorse per la cosiddetta Cyberwar, in vista dei futuri campi di battaglia digitali, nei quali si assisterà non soltanto ad una guerra di informazione, fatta di informazioni celate e/o informazioni rubate, ma ad una vera e propria guerra di inibizione di sistemi d'arma digitalizzati, con lo scopo di azzerare le capacità difensive avversarie così da poterle annientare senza pericolo.
Badate che quello che sto dicendo non riguarda scenari remoti o futuri. Tutto questo è reale ed è ormai alla base di una qualunque guerra moderna, non asimmetrica. Infatti, solo due anni fa, quando le tensioni tra Israele e l'Iran erano all'apice, Israele con l'Arabia Saudita hanno steso un piano per un attacco preventivo alle strutture iraniane per l'arricchimento dell'uranio  che sicuramente considerava un cyber-attacco ai sistemi radar iraniani per inibirli, con successivo bombardamento aereo delle stazioni SAM a terra.
Oltre alla cyber-guerra stiamo passando ad una guerra remotizzata, nella quale saranno sempre più usati i mezzi telecomandati, non solo via aria, ma anche via terra e  mare e, quelli più sviluppati fino ad ora, sono proprio i velivoli aerei senza pilota usati in primis per la ricognizione ed il pattugliamento (UAV/APR) ed ora anche per l'attacco al suolo (UCAV).
In questo settore, fortunatamente, sembra che i paesi europei non abbiano perso il "treno" ma si stiano spendendo in un progetto, chiamato NEURON, guidato dalla francese Dassault in joint venture con diverse aziende europee aerospaziali come la nostra Alenia Aermacchi, la Saab svedese e la EADS-CASA spagnola.
Il Neuron sarà un UCAV stealth capace di trasportare due bombe guidate e per il quale si sta cercando di sviluppare un sistema di navigazione non solo da terra, ma anche da bordo dei caccia europei di ultima generazione, come lo Eurofighter Typhoon, il Dassault Rafale e il Saab JAS 39 Gripen, per consentire il massimo della flessibilità e dell'operatività.
Oltre al Dassault Neuron, gli inglesi stanno sviluppando il BAE Taranis e gli americani sembrerebbero a buon punto con il loro Northrop Grumman X-47, che viene già testato per operare dalle superportaerei USA. Anche la Russia e la Cina stanno sviluppando programmi simili.
Per quel che riguarda velicoli terrestri e navali remotizzati, siamo ancora allo stato embrionale, specialmente per i mezzi via terra, vista la naturale complessità a costruire robot che possano muoversi velocemente su tutti i tipi di terreni. Al momento, i robot terrestri vengono utilizzati per sminare e fare ricognizione, mentre i loro parenti da combattimento sono ancora poco efficaci sui campi di battaglia moderni.
Per i robot navali sono in arrivo veloci barchini armati per il pattugliamento delle coste e delle strutture portuali, mentre i piccoli sottomarini sono utilizzati per la ricerca ed il soccorso ai sottomarini sinistrati, anche se c'è da aspettarsi, anche per questi dispositivi, miglioramenti per poterli impiegare in futuri teatri di guerra.
Una cosa è certa: i paesi dell'UE non possono permettersi di rimanere indietro in questi settori, sia per l'alta implementazione tecnologica che la realizzazione dei suddetti progetti porterebbe,  sia per rendere sempre più "sicuro" il compito dei nostri militari.
Voi cosa pensate di queste tecnologie ? Si ritorceranno contro di noi un giorno ?
What do you think about this technology ? Let me know in the comments.

sabato 4 ottobre 2014

Ammodernamento della flotta

Quest'oggi, come avrete intuito dal titolo, vorrei discutere un po' dei nuovi progetti ipotizzati per sostituire le unità più obsolete della Marina Militare Italiana. E' infatti, di  questi mesi,  la notizia relativa ai famigerati F-35 ed io stesso gli ho dedicato due articoli.
Tuttavia bisognerebbe ricordare che la Marina, al momento, sembra  la Forza Armata più in pericolo di "estinzione" come sottolineato più volte dal CSMD Amm. Luigi Binelli Mantelli e dal CSMM Amm.Giuseppe De Giorgi.
Quelli che mi seguono dall'inizio sapranno che scrissi un articolo sui due principali progetti della Marina Militare in corso di realizzazione al momento, ovvero la Classe FREMM e i sommergibili Type 212 (serie2), progetti che oramai sono in completamento.
In questo articolo vorrei invece parlare di quei progetti che sono solo su carta e che aspettano i finanziamenti necessari per essere avviati:
  • Nuove LHD-LHA da 20000 t
  • Nuova unità USSP per salvataggio ed idroceanografica da 8000 t
  • Nuove AORL da rifornimento da 18000 t
  • Nuovi Pattugliatori d'altura Multiruolo (PAM) da 3500-4000 t
Iniziamo dalle unità più grandi. In sostituzione delle tre vecchie LPD classe San Giorgio, navi portaelicotteri d'assalto anfibio simili alle unità classe Mistral francesi, sono state progettate (come tutte le unità della nostra Marina Militare) da Fincantieri le nuove e imponenti LHD-LHA dal dislocamento a pieno carico di circa 20000 t. Previste tre unità, due in versione LHD ed una con ampie strutture aeronautiche LHA, capaci di trasportare una forza da sbarco di circa 800 uomini e 180 mezzi corazzati, di ospitare 20 elicotteri e dispone di un bacino allagabile per ospitare 4 LCM. Le nuovissime LHD-LHA saranno equipaggiate con 2 cannoni OtoBreda 76/62 SR e 3 mitragliere pesanti OtoBreda-Oerlikon da 25 mm (in considerazione  sistema missilistico).
Stiamo  parlando, dunque, di navi imponenti dall'elevata capacità di proiezione delle forze ed inoltre, grazie all'area ospedaliera di 1 km quadrato, può svolgere al meglio anche missioni umanitarie di rilievo.


Passiamo alle rifornitrici AORL dal dislocamento a pieno carico di 18000 t e basate sulla struttura delle LHD, quindi con grandi capacità di carico, non solo di carburanti, ma anche di viveri, munizionamento e personale e con un raggio d'azione molto superiore alle unità Stromboli, Vesuvio ed Etna. Per consentire un operatività agevole, anche al di fuori del mar Mediterraneo, di queste unità ne sono previste due.


La nuova unità USSP sarà in grado di svolgere differenti tipologie di missione quali: il soccorso sommergibili, appoggio incursori, salvataggio in mare aperto e studi idroceanografici. Parliamo di una unità polivalente da 8000 t.
Tuttavia quello che non mi convince è che ne sarà costruita solo una, il che è un po' poco. Visto che  deve sostituire diverse tipologie di navi, mi sarei aspettato almeno 2-3 unità del genere. Ovviamente tale scelta può ancora essere fatta dato che stiamo  parlando di progetti ipotizzati, per cui il numero di unità può essere sempre ripensato.


Infine i nuovi PAM da 3500-4000 t stealth, capaci di raggiungere i 35 nodi di velocità, armati di un cannone a prua OtoMelara 127/64 mm LW (munizionamento guidato LR Vulcano) e un cannone poppiero OtoMelara 76/62 mm SR (munizionamento guidato antimissile Davide), più due mitragliere Oerlikon da 25/80 mm e sarà predisposta per ospitare missili antinave, siluri e VLS per missili Aster 15/30. Inoltre saranno dotati di hangar per alloggiare due elicotteri medi, così da disporre di una elevata flessibilità per essere in grado di svolgere differenti tipi di missioni, sia militari che civili.
Il numero di unità previste oscilla tra le 12 e le 14.


Facendo due conti si ottiene che entro il 2025-2030 avremo una cinquantina di navi (se i progetti citati saranno realizzati nei tempi e nei numeri previsti), cioè venti in meno rispetto alle attuali disponibilità.
Francamente non sono molto felice di questo. Certo il tonnellaggio sarà pure rimasto uguale o addirittura cresciuto, ma non basta per un paese che ha necessità di proteggere rotte di approvvigionamento che si estendono dall'oceano Indiano all'Atlantico e che ha bisogno di far fronte a ondate di profughi che, periodicamente, cercano di raggiungere l'Europa dal Medio Oriente e dall'Africa.
Per affrontare in modo efficace questi due obiettivi penso sia necessario disporre di almeno 60 navi.
Agli inizi del 2014, al termine delle audizioni sui sistemi d'arma di prossima acquisizione, per i nuovi progetti della Marina Militare Italiana si è proceduto a stanziare, spalmandoli in 10 anni, 5 miliardi e 800 milioni di euro.
Perchè la nostra Marina sia messa in grado di operare al meglio delle sue potenzialità, occorre investire  su nuovi progetti studiati per limitare al minimo la manutenzione e l'utilizzo di carburanti fossili, e disporre così di una flotta più efficace, efficiente e più eco-sostenibile.
Tutto ciò lo si può fare solo con ingenti finanziamenti, che garantiranno lavoro per migliaia di maestranze in Fincantieri e  all'intero indotto. Questo potrebbe fungere da volano per una ripresa economica ed ottimizzare la spesa pubblica favorendo, magari, la creazione di nuovi posti di lavoro.
Voi cosa ne pensate ? Avete altre idee in mente ?

Repubblica Centrafricana e Sudan del Sud

Questi due paesi dell'Africa centrale sono attraversati in questo periodo da tensioni inter-etniche ed inter-religiose, il che non è una novità per un gran numero di Paesi dell'Africa.
Iniziamo dalla Repubblica Centrafricana, colonia francese fino al 1960 e fino al 1993 governata da un regime militarista. Il potere, prima in mano a Patassè  passò al generale Bozizè nel 2003 e, nel Marzo del 2013, al leader della formazione musulmana Seleka, Djotodia.
Nel Gennaio 2014, Djotodia a causa delle gravi rappresaglie tra la maggioranza cristiana e la minoranza musulmana scatenatesi con la presa di potere del leader di Seleka a Marzo, è stato costretto alle dimissioni dalle pressioni internazionali. La Francia è intervenuta con l'invio unilaterale di un migliaio di uomini per "separare" le due fazioni in lotta e, successivamente, si è aggiunta una missione pan-africana.
Tuttavia, anche dopo le dimissioni di Djotodia e la creazione di un governo di transizione, le violenze tra cristiani e musulmani non cessano. L'ONU ha così dato il via libera ad una missione UE di circa 10.000 uomini, complementare a quella pan-africana, che dovrebbe rafforzare la sicurezza della popolazione civile ed evitare ulteriori spargimenti di sangue. E', tuttavia, ancora da stabilire quali paesi europei invieranno truppe a sostegno della missione UE.


Passiamo adesso al Sudan del Sud, il più giovane Stato del mondo essendo nato nel 2011, a seguito del Referendum di separazione dal Sudan.
Qui invece gli scontri sono iniziati a Dicembre 2013 in seguito al tentativo di colpo di stato dell'ex vicepresidente Machar di etnia nuer ai danni del presidente in carica Kiir di etnia dinka. Nonostante il fallimento del colpo di stato, il paese, e soprattutto le sue forze armate, si è diviso tra sostenitori ed oppositori del governo causando un principio di conflitto etnico che potrebbe causare un massacro superiore a quello avvenuto nel 1994 in Rwanda.
Ad oggi, i colloqui tra le due fazioni, che stanno avendo luogo ad Addis Abeba, in Etiopia, hanno portato ad un "cessate il fuoco" che seppur molto labile, sembra al momento tenere. Ciò sta consentendo alla popolazione di trovare riparo presso le strutture messe in piedi dalla forza di pace ONU che si è stabilita sul territorio. Ciò nonostante, in poco più di un mese sono morte almeno 500 persone, ma le stime parlano di numeri ben superiori.
Eppure, dal punto di vista economico, il Sudan del Sud detiene il controllo di grandi pozzi petroliferi che dovrebbe favorire la crescita economica del piccolo stato ma, nella realtà, non si è verificata in quanto i maggiori impianti di raffinazione si trovano in Sudan, fatto questo che depaupera gravemente il potenziale economico del giovane paese centrafricano.
  

Insomma dopo il Mali e la Repubblica Democratica del Congo, adesso ci sono Repubblica Centrafricana e Sudan del Sud. Inoltre il fatto che questi ultimi due paesi siano confinanti non fa altro che aggravare una situazione già delicata e che si spera di calmare con l'invio di contingenti internazionali.
Purtroppo, dobbiamo ricordare, che i vari conflitti che scoppiano in Africa sono quasi tutti retaggio di una politica coloniale che, dal XIX sec., divise l'Africa senza alcuna considerazione delle numerose e differenti etnie presenti sul suo territorio.
Successivamente, ai tempi della guerra fredda, l'URSS assunse una forte influenza su quei Paesi le cui popolazioni vedevano nel gigante sovietico e suoi alleati (v.Cuba) il salvatore dai soprusi dei Paesi coloniali.
Oggi, dopo la "liberazione" dal giogo coloniale, francese, belga e inglese, e dopo il fallimento delle varie Repubbliche Popolari, rimane un mosaico di stati e staterelli che nascono e si mantengono a costo di rappresaglie, faide e vendette tra  le radicate fazioni etniche. Alle divisioni etniche oggi, con l'espandersi dell'islamismo sul continente africano, si sono aggiunte le faide religiose.
Io penso che difficilmente questi problemi troveranno soluzioni nel breve periodo, e le varie ingerenze straniere in Africa hanno spesso un effetto contrario alle aspettative e, spesso, accentuano i contrasti e le divisioni.
Ciò tuttavia, non consente, a mio avviso, di pensare di dover abbandonare l'Africa a se stessa, sperando che il concetto di "autodeterminazione dei popoli" faccia il suo corso, perche questo potrebbe portarsi via, oltre a diversi decenni, anche (e soprattutto) diverse decine di migliaia di vite umane innocenti che non meritano un tale destino.
Voi cosa ne pensate ? Cosa si potrebbe e cosa si dovrebbe fare ? Let me know what do you think about that ? Thank you all. Grazie a tutti.

Caso Ucraina: secessione o guerra

Da qualche giorno oramai si  sta assistendo ad un graduale inasprimento della situazione in Ucraina e neanche la deposizione del presidente (filo-russo) Yanukovyc è riuscita a  tranquillizzare gli animi anzi,la situazione sembra essere peggiorata con l'ingresso in scena della Federazione Russa come protagonista-antagonista in una vicenda che sarebbe dovuta rimanere interna all'Ucraina.
Ma andiamo con ordine.
Tutto inizia a dicembre 2013 quando, l'allora presidente in carica, oggi deposto, decide bruscamente di annullare la firma degli accordi economici con l'Unione Europea, viatico per poter in futuro entrare nell'UE, e firma nuovi accordi energetici con la Russia.  Quest'ultima, dal canto suo, finanzia la debole economia ucraina con un solido finanziamento acquistando qualche miliardo di titoli del tesoro ucraini.
Tutto questo viene visto dagli ucraini, specialmente nella parte occidentale del paese, come un riavvicinamento politico ed economico all'ingombrante vicino sovietico.
In tutta l'Ucraina nascono spontanee manifestazioni di protesta e nella capitale Kiev, la protesta prende il nome di Maidan, dal nome della piazza nella quale si radunano i manifestanti guidati dall'opposizione.
Dopo tre mesi di proteste segnate da un crescendo di violenza da ambo le parti, il governo filorusso si dimette ed il presidente scappa.
In molti sostengono, ed io non alcun motivo per dubitarne, che tale rivolta sia stata fomentata e finanziata dai paesi occidentali, USA in primis, per cui alcuni ritengono illegittimo ed ingiustificato il cambio dei vertici governativi.
Tuttavia non bisogna dimenticare che l'Ucraina ha una storia ricca di soprusi e vessazioni portate avanti dalla Russia ed intensificatesi dopo la Rivoluzione d'Ottobre (1917). Infatti, duranti l'era comunista, l'Ucraina (granaio d'europa) fu affamata dallo stato centrale di Mosca e le varie minoranze (es. tartari) furono cacciate con la forza dai propri territori (penisola di Crimea) e deportate in Siberia e rimpiazzati da "coloni" russi che vennero deportati da tutta la Russia in quei territori (vedi Isole Curili/Chishima). Ancora, anche in seguito allo scioglimento dell'URSS e all'indipendenza dell'Ucraina, la Russia ha mantenuto una forte ingerenza sul paese: di fatti la Flotta russa del Mar Nero ha il proprio comando a Sebastopoli (Crimea) in coabitazione con la Marina Militare Ucraina. Senza parlare della forte dipendenza dell'Ucraina per il gas russo, i cui prezzi sono volutamente mantenuti alti con  una"sottile" e costante minaccia di  un loro rialzo.
E' facile, quindi, comprendere come, dopo tutto quello che gli ucraini hanno dovuto subire da parte del potente vicino,  essi desiderino  un  cambio di schieramento ed un avvicinamento all'UE.
Purtroppo è che, in seguito all'insediamento del nuovo governo e alla notizia (da me non riscontrata) che il nuovo governo di Kiev stesse per promulgare leggi anti-russe che avrebbero discriminato la popolazione russofona e filo-russa, la Federazione Russa ha risposto inviando altri 6 mila uomini nella Crimea insieme a carri armati e  aerei allo scopo di proteggere la popolazione filo-russa nel sud e nell'est del paese. Infatti, è notizia di poco fa, che la sede del comando della Flotta Ucraina, dell'accademia navale e diverse caserme della penisola siano state conquistate e che la maggior parte del personale sia passato alle forze russe.
Nel frattempo, il nuovo governo di Kiev, ritenendo questa"pacifica invasione russa" come un atto di guerra al quale rispondere,  ha mobilitato le forze armate, i riservisti ed ha ordinato la chiusura dello spazio aereo per voli militari per impedire (o quantomeno limitare) le forze aeree russe ed ha chiesto l'aiuto dei governi occidentali. Questi, tra cui l'Italia, hanno deciso sanzioni economiche contro la Russia.
Poichè la Crimea è una provincia autonoma, verso la fine di marzo 2014, ha indetto un referendum per chiedere lo stato di indipendenza da Kiev.
Nel frattempo il nuovo governo ucraino stenta a prendere il controllo di alcune zone dell'est russofono, vista la forte presenza di filorussi e, per aggravare le cose,secondo fonti non confermate, ci sarebbero già colonne di blindati russi lungo le strade sud-orientali dell'Ucraina.















Personalmente penso che la Russia non possa rivendicare i territori ucraini, se non al massimo la penisola di Crimea dove il 60% della popolazione è filo-russa, mentre nelle zone orientali del paese la popolazione russofona e filo-russa, seppur numerosa, è una minoranza.
Una cosa è certa: la Russia non può mantenere ancora a lungo questa mentalità da guerra fredda ricattando con le proprie materie prime i suoi ex stati satelliti che decidessero, dopo decenni di regimi controllati da Mosca, di allearsi con i paesi occidentali e/o di avvicinarsi all'Unione Europea.
La Russia è abbastanza grande e potente da non sentirsi minacciata se un piccolo stato, come l'Ucraina, decide di avvicinarsi all'UE.
Penso piuttosto che l'unica ragione, che ha spinto Putin ed il suo governo a compiere queste azioni di forza in Crimea, sia il non volersi mostrare debole agli occhi del suo storico acerrimo nemico, ovvero gli Stati Uniti d'America. Questi, bisogna riconoscerlo, riescono ad ammaliare in maniera molto più efficace e mininvasiva (nella maggior parte dei casi) i paesi ex-URSS, almeno quelli  situati in Europa.
Io, da cittadino europeo, ritengo che l'Ucraina sia un partner molto importante, sia dal punto di vista strategico sia da quello economico ma,  nello stesso tempo, penso che il cercare di  mettere all'angolo Puntin con le sanzioni economiche, non sia molto efficace, sia per la Russia sia per noi.
Vista l'attuale congiuntura economica, perchè ridurre ulteriormente le nostre esportazioni?
Forse è meglio cercare la conciliazione con un partner dal quale dipende buona parte dei rifornimenti energetici per il nostro Paese.
Che pensate voi ? Come andrà a finire ? La Crimea diventerà indipendente ? Scoppierà un conflitto ? What will happen: Crimea indipendent ? Conflict ? Let me know, fatemelo sapere.

venerdì 3 ottobre 2014

Vicenda Marò: crisi diplomatica Italia-India

Purtroppo il caso che vede coinvolti i nostri fucilieri di marina va avanti da parecchio (troppo) tempo.
Ho intenzione di parlarvene adesso poichè sembrerebbe che l'India stia inciampando nei sui stessi cavilli tecnici.
Però partiamo con ordine.
Il 15 febbraio 2012, due pescatori indiani furono uccisi a colpi d'arma da fuoco al largo delle coste indiane dello stato del Kerala, in pieno mare Arabico. Nella stessa area e nello stesso giorno,  il mercantile italiano Enrica Lexie,  aveva subito un tentativo di attacco da parte di pirati che era stato sventato dal team del San Marco presente a  bordo, e autorizzato proprio alla difesa della nostra nave.  Subito dopo l'attentato piratesco, arrivò un comunicato da parte della guardia costiera indiana che ordinava alla nave Lexie  di entrare nel porto di Kochi per aiutare i magistrati indiani a riconoscere i pirati, nel caso  fossero stati gli stessi che avevano, precedentemente, sparato ai pescatori indiani.
Una volta in porto però, le cose cambiarono radicalmente poichè la polizia indiana procedette al blocco della nave italiana e all'arresto dei due fucilieri di marina, Girone e Latorre, con l'accusa  di aver ucciso i due pescatori indiani.
Così facendo scattò immediata la richiesta di spiegazioni del governo italiano, all'epoca guidato dal "tecnico" Mario Monti, mentre la magistratura indiana procedette alla raccolta delle prove che avrebbero dovuto incolpare i due militari, iniziando dagli esami balistici sui corpi dei pescatori e sulla loro barca. Tuttavia, dalle analisi balistiche emerse un calibro differente da quello utilizzato dai nostri Marò e  riconducibile agli armamenti tipici dei pirati.
Successivamente si passò a stabilire luogo e data dei due eventi, ovvero l'uccisione dei due pescatori e lo sventato attacco di pirati alla Enrica Lexie, che sembavano non combaciare avendo uno scarto temporale di circa due ore.
Si procedette all'interrogatorio dei pescatori indiani superstiti e ai Marò italiani per verificare se riconoscessero gli uni, la nave dalla quale erano partiti i colpi, gli altri, la barca dalla quale si erano difesi, tra l'altro senza mai sparare direttamente sull'imbarcazione. In entrambi i casi i riscontri furono negativi, in quanto i pescatori non seppero dire se fosse stata proprio la Enrica Lexie, la "grande nave" che li aveva attaccati, ed i Marò asserirono con tutta franchezza che la barca che li aveva avvicinati non era neanche simile a quella dei pescatori.
A questo punto un normale processo si sarebbe chiuso per mancanza di prove, ma non in questo caso. Anzi, il governo indiano creò uno speciale tribunale e, in veste di investigatore, entrò in scena anche la polizia anti-terrorismo, chiamata in causa, forse, per la sua professionalità. Ma, visto che i nostri militari non fanno parte di alcuna organizzazione terroristica, tutto ciò servì solo a complicare ed allungare il processo contro i nostri militari, passibili di pena capitale.


Ora, a parte tutte le incongruenze del caso, bisogna premettere:
- che i militari  hanno diritti e doveri diversi dai civili (come il diritto di essere giudicati solo ed esclusivamente dal proprio governo)
- che i due fucilieri operavano su una nave battente bandiera italiana per cui, giuridicamente parlando, soggetti alla legge della Repubblica Italiana essendo le navi o gli aerei estensioni territoriali della nazione,(per cui, a mio modesto avviso, l'India non ha alcuna valida ragione di trattenere i nostri militari).
Inoltre, è stato rilevato che il medesimo tratto di mare è battuto giornalmente dalle rotte di grandi mercantili e, che lo stesso giorno, è avvenuto un  attacco pirata ai danni di una nave greca il cui team di protezione ha risposto al fuoco. Mi viene così da pensare se per l'India i nostri fucilieri non rappresentino un comodo capro espiatorio.
Legata a questa vicenda sembra essere la questione degli elicotteri Agusta destinati all'India. In un primo momento la Finmeccanica si era aggiudicata la ghiotta commessa da parte del governo Indiano ma , subito dopo la gravosa vicenda dei marò, la commessa fu ritirata e aggiudicata alla Francia.
Tuttavia non sono chiari i retroscena quindi, onestamente, ancora non ho una mia opinione chiara a riguardo.
Quello che  mi preme invece sottolineare è che la vicenda dei Marò è totalmente inventata e, a voler ben vedere, è una vicenda politica interna all'India. Infatti, prima nello stato del Kerala e adesso nel governo centrale, ci sono le elezioni politiche ed il PM indiano fa parte del medesimo partito di Sonia Gandhi (Sonia Maino nata in Italia). Quindi, penso che i nostri Marò vengano "utilizzati" per mettere  sotto pressione il partito di maggioranza, o peggio, l'opposizione potrebbe defenestrare l'attuale governo nel caso in cui il governo centrale di New Delhi volesse rilasciarli.
Ultimamente, mi  sembra, che la stessa magistratura indiana stia annaspando nelle sue stesse sabbie mobili a causa:
- della mancanza di prove contro i nostri fucilieri di marina,
- a causa delle pressione di New Delhi che a sua volta subisce la pressione di un governo italiano, leggermente più risoluto rispetto al governo dei  tecnici,
- e soprattutto dell'Unione Europea che è entrata nella vicenda, ventilando il congelamento dell'Accordo di Libero Scambio con il governo indiano. Congelamento che avrebbe un effetto non trascurabile sulla già "boccheggiante" economia indiana. E l'India non può permetterselo.
Tuttavia, ad oggi, essa non ha alcuna intenzione di mollare la presa, e permane il rischio per i nostri militari di essere condannati a morte. La questione è alquanto complicata, eppure mi sento fiducioso che i nostri Marò torneranno in Italia.
L'importante è che l'Italia e l'UE si impegnino in maniera più convinta e decisa poichè la magistratura indiana è totalmente fuori strada ed il suo operato è, a mio avviso, illegittimo.
Fatemi sapere cosa ne pensate voi ? Come cerchereste di risolvere la situazione ?

Dopo il Dragone, c'è la Tigre

Scusate l'assenza ma lo studio non mi lascia molto tempo libero.
Come forse avrete intuito dal titolo, oggi parlerò di un'altra potenza che sta nascendo in Asia e che stiamo imparando a conoscere grazie alla vicenda marò: l'India.
Certamente l'India non è paragonabile alla Cina dal punto di vista economico e militare, visto anche il rallentamento della sua economia negli ultimi tempi, tuttavia è innegabile che essa sia la seconda potenza asiatica, grazie alle sue forze armate (quasi 1 milione e mezzo di personale attivo e più di 2 milioni di riservisti), e con una budget per la difesa pari, nel 2012, al 2,5% del PIL.
Partiamo con la forza terrestre indiana, il ramo più numeroso delle sue forze, che schiera circa 3500 MBT tra T-72 e T-90 russi e più 250 MBT Arjun di fabbricazione nazionale, oltre a numerosi mezzi blindati di vario genere, moderni e molto potenti.  Inoltre, vorrei sottolineare come grazie alla grande varietà climatica presente nel sub-continente, l'esercito indiano può operare in ambiente costiero, montano, desertico e tropicale indistintamente, con grande efficacia operatica.
La marina indiana  dispone di due portaerei, la ex britannica da 30000 ton. denominata INS Viraat e la maggiore da 45000 ton. derivante della classe Kiev sovietica, rinominata INS Vikramaditya che imbarca i temibili Mig-29K e più di 20 unità tra cacciatorpediniere e fregate lanciamissili. Inoltre, la flotta indiana  dispone di una quindicina di sottomarini  e sta attualmente costruendo una classe di SSBN, denominata Arihant, capaci di trasportare 12 SLBM con gittata di 3500 km, e ha pianificato la costruzione  di 2 nuove portaerei, classe Vikrant,  da 40000 e 65000 tonnellate.
Le forze aeree indiane schierano più di 250 Su-30MKI e 62 Mig-29 per la superiorità aerea e circa 300 dei nazionali HAL Tejas come cacciabombardieri, dei quali si sta creando una versione da  imbarco sulle nuove portaerei. Per quanto riguarda i reparti ad ala rotante, utili al supporto armato alle forze di terra, sia l'aeronautica che l'aviazione dell'esercito indiane stanno procedendo con l'acquisto di circa 180 HAL LCH.
Infine bisogna ricordate che l'India fa parte del club nucleare con un arsenale composto da un centinaio di testate montabili su ICBM Agni in grado, nelle ultime versioni, di raggiungere i 10000 km.

                  


                   

                         



                         

                                    


Di fronte ad uno schieramento di mezzi militari così potente, e tornando alle vicissitudini dei nostri marò, tenuti in ostaggio dal febbraio 2012 dalla magistratura indiana (che in quanto ad inefficienza e lungaggine batte la nostra!!..),  ritengo insensate le proposte, avanzate da più parti, di "riprendiamoceli con la forza".
A mio avviso, per quanto debole sia stata la nostra azione di governo, e per quanto inconsistente sia la posizione indiana su tale vicenda, non dobbiamo desistere dal far valere le nostre tesi nelle sedi Istituzionali preposte, contro una posizione assolutamente illegale nei confronti delle leggi internazionali riconosciute, con opposte interpretazione,  da entrambi i nostri paesi.
Voi cosa ne pensate dell'India ? Let me know about it.

sabato 27 settembre 2014

IS: il Califfato del terrore

Ragazzi, scusate la mia assenza e grazie per la pazienza.
Oggi sono riuscito a ritagliarmi del tempo per scrivere un nuovo post e, come avrete capito dal titolo, parlerò della grave minaccia e dalla nuova sfida che ci ha mostrato lo "stato islamico".
Prima di tutto iniziamo col dire che tutto questo parte dalla mancata soluzione della guerra civile siriana. Questa infuria ormai da tre anni senza soluzione di continuità, e ha preso una connotazione interconfessionale all'interno del mondo islamico, poichè i ribelli siriani, in gran parte sunniti, stanno combattendo sostanzialmente l'elite siriana guidata da Assad di confessione sciita, minoritaria in Siria ma da sempre al potere.
Per una strana combinazione dei fatti l'Iraq, stato confinante, presenta la medesima divisione confessionale, ma gli sciiti sono la maggioranza del paese, mentre i sunniti, dopo la cacciata di Saddam Hussein, hanno subito la politica settaria e molto poco conciliante di Nuri Al Maliki.
Inoltre, da parte dei paesi occidentali è stato di gran lunga sottovalutato il pericolo che i leader fondamentalisti sunniti operanti in Siria avrebbero portato la guerra anche in Iraq, per "liberare" la minoranza sunnita dal giogo del governo sciita di Maliki.
Una cosa tuttavia mi ha sorpreso: il totale sbriciolamento delle difese irachene, bene armate dagli USA, ma evidentemente poco motivate e,  forse, "inficiate" da fazioni di sunniti scontenti tra le fila. Il dissolvimento delle difese irachene ha lasciato in mano ai fondamentalisti sunniti tutto il nord-ovest del paese con tutte le risorse, militari ed economiche, ad esso annesse.
Altro dato interessante è stato il fatto che la minoranza kurda che abita le zone nord-orientali dell'Iraq ha prontamente risposto imbracciando le poche armi che non erano cadute in mano ai fondamentalisti e si è attestata a difesa dei propri territori.
Da qui la comunità internazionale ha cominciato ad avvertire il pericolo rappresentato dai fondamentalisti sunniti. Tuttavia, è stato necessario assistere alle fucilazioni di massa dei soldati e civili iracheni, per portare gli USA, prima, e poi altri paesi europei, ad impegnarsi per assistere la popolazione civile e intervenire militarmente contro l'auto-proclamato stato islamico (IS).
La prima risposta degli USA con i bombardamenti delle posizioni IS avanzanti è stata per supportare le truppe di terra irachene e kurde e, successivamente, anche i principali paesi europei si sono attivati. Notevole allarme suscita la conferma che le fila dei miliziani dell'IS sono composte  anche da giovani europei convertiti all'islam radicale che,  una volta tornati in Europa, potrebbero attuare piani terroristici.
Il nostro governo sta provvedendo all'invio di armi leggere al malequipaggiato esercito kurdo (Peshmerga) anche se, a mio avviso,  dovremmo inviare loro armi un tantino più pesanti come missili e razzi anticarro, poichè i miliziani IS si sono appropriati di materiale bellico "made in USA" lasciato sul campo dal ritiro delle truppe irachene.

                    














Ora il problema è che in Siria e in Iraq si sta combattendo una guerra tra due confessioni musulmane: sciiti e sunniti. Ciò significa che qualunque risoluzione militare o di altra natura non può prescindere dal coinvolgimento dei principali attori medio-orientali.
A fianco del governo iracheno si è schierato quello di Teheran, i cui militari stanno già operando a fianco delle truppe regolari irachene, mentre l'IS ottiene il suo appoggio da Turchia, Arabia Saudita e soprattutto Qatar, che è il paese più implicato nel supporto all'estremismo islamico.
Per la  Turchia invece la presenza delle milizie IS in Iraq rappresenta un modo per tenere sotto pressione la popolazione Kurda ed allontanare da questa eventuali aspirazioni indipendentiste. L'Arabia Saudita, culla della confessione sunnita, molto più semplicemente, non vuole darla vinta all'Iran sciita.
Questi sono i paesi con i quali è necessario trovare un accordo per fermare i finanziamenti all'IS. Comunque lo scacchiere rimane di difficile soluzione e  la presenza di miliziani IS  vicino le alture del Golan (Israele) e in diversi punti lungo il confine con il Libano non aiuta, anzi, questo può provocare l'espandersi del conflitto in maniera incontrollata in tutta l'area mediorientale.
In Giordania il livello di sicurezza è massimo: infatti se l'esercito iracheno dovesse cedere ulteriormente terreno a favore dell'IS, il loro prossimo obbiettivo potrebbe essere Amman.
Il Califfato mette a rischio l'equilibrio dell'intero Medio-Oriente e l'Europa "in primis" dovrebbe interessarsi a questo, poichè questa dovrebbe essere un'area di interesse primario del nostro continente.
Scusate se sono stato un tantino sbrigativo, potrei discutere ancora a lungo sulle vicissitudini che hanno portato a questo scenario e potrei spiegare in maniera più dettagliata quale dovrebbe essere la strategia da attuare per contrastare il Califfato del terrore ma lascio a voi questo compito, ovvero ditemi cosa ne pensate e come cerchereste di risolvere questa situazione.
Let me know your strategy about IS and how we can fight against them.
Scusate ancora per la mia assenza.