Oggi sono riuscito a ritagliarmi del tempo per scrivere un nuovo post e, come avrete capito dal titolo, parlerò della grave minaccia e dalla nuova sfida che ci ha mostrato lo "stato islamico".
Prima di tutto iniziamo col dire che tutto questo parte dalla mancata soluzione della guerra civile siriana. Questa infuria ormai da tre anni senza soluzione di continuità, e ha preso una connotazione interconfessionale all'interno del mondo islamico, poichè i ribelli siriani, in gran parte sunniti, stanno combattendo sostanzialmente l'elite siriana guidata da Assad di confessione sciita, minoritaria in Siria ma da sempre al potere.
Per una strana combinazione dei fatti l'Iraq, stato confinante, presenta la medesima divisione confessionale, ma gli sciiti sono la maggioranza del paese, mentre i sunniti, dopo la cacciata di Saddam Hussein, hanno subito la politica settaria e molto poco conciliante di Nuri Al Maliki.
Inoltre, da parte dei paesi occidentali è stato di gran lunga sottovalutato il pericolo che i leader fondamentalisti sunniti operanti in Siria avrebbero portato la guerra anche in Iraq, per "liberare" la minoranza sunnita dal giogo del governo sciita di Maliki.
Una cosa tuttavia mi ha sorpreso: il totale sbriciolamento delle difese irachene, bene armate dagli USA, ma evidentemente poco motivate e, forse, "inficiate" da fazioni di sunniti scontenti tra le fila. Il dissolvimento delle difese irachene ha lasciato in mano ai fondamentalisti sunniti tutto il nord-ovest del paese con tutte le risorse, militari ed economiche, ad esso annesse.
Altro dato interessante è stato il fatto che la minoranza kurda che abita le zone nord-orientali dell'Iraq ha prontamente risposto imbracciando le poche armi che non erano cadute in mano ai fondamentalisti e si è attestata a difesa dei propri territori.
Da qui la comunità internazionale ha cominciato ad avvertire il pericolo rappresentato dai fondamentalisti sunniti. Tuttavia, è stato necessario assistere alle fucilazioni di massa dei soldati e civili iracheni, per portare gli USA, prima, e poi altri paesi europei, ad impegnarsi per assistere la popolazione civile e intervenire militarmente contro l'auto-proclamato stato islamico (IS).
La prima risposta degli USA con i bombardamenti delle posizioni IS avanzanti è stata per supportare le truppe di terra irachene e kurde e, successivamente, anche i principali paesi europei si sono attivati. Notevole allarme suscita la conferma che le fila dei miliziani dell'IS sono composte anche da giovani europei convertiti all'islam radicale che, una volta tornati in Europa, potrebbero attuare piani terroristici.
Il nostro governo sta provvedendo all'invio di armi leggere al malequipaggiato esercito kurdo (Peshmerga) anche se, a mio avviso, dovremmo inviare loro armi un tantino più pesanti come missili e razzi anticarro, poichè i miliziani IS si sono appropriati di materiale bellico "made in USA" lasciato sul campo dal ritiro delle truppe irachene.
Ora il problema è che in Siria e in Iraq si sta combattendo una guerra tra due confessioni musulmane: sciiti e sunniti. Ciò significa che qualunque risoluzione militare o di altra natura non può prescindere dal coinvolgimento dei principali attori medio-orientali.
A fianco del governo iracheno si è schierato quello di Teheran, i cui militari stanno già operando a fianco delle truppe regolari irachene, mentre l'IS ottiene il suo appoggio da Turchia, Arabia Saudita e soprattutto Qatar, che è il paese più implicato nel supporto all'estremismo islamico.
Per la Turchia invece la presenza delle milizie IS in Iraq rappresenta un modo per tenere sotto pressione la popolazione Kurda ed allontanare da questa eventuali aspirazioni indipendentiste. L'Arabia Saudita, culla della confessione sunnita, molto più semplicemente, non vuole darla vinta all'Iran sciita.
Questi sono i paesi con i quali è necessario trovare un accordo per fermare i finanziamenti all'IS. Comunque lo scacchiere rimane di difficile soluzione e la presenza di miliziani IS vicino le alture del Golan (Israele) e in diversi punti lungo il confine con il Libano non aiuta, anzi, questo può provocare l'espandersi del conflitto in maniera incontrollata in tutta l'area mediorientale.
In Giordania il livello di sicurezza è massimo: infatti se l'esercito iracheno dovesse cedere ulteriormente terreno a favore dell'IS, il loro prossimo obbiettivo potrebbe essere Amman.
Il Califfato mette a rischio l'equilibrio dell'intero Medio-Oriente e l'Europa "in primis" dovrebbe interessarsi a questo, poichè questa dovrebbe essere un'area di interesse primario del nostro continente.
Scusate se sono stato un tantino sbrigativo, potrei discutere ancora a lungo sulle vicissitudini che hanno portato a questo scenario e potrei spiegare in maniera più dettagliata quale dovrebbe essere la strategia da attuare per contrastare il Califfato del terrore ma lascio a voi questo compito, ovvero ditemi cosa ne pensate e come cerchereste di risolvere questa situazione.
Let me know your strategy about IS and how we can fight against them.
Scusate ancora per la mia assenza.
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